Jhonny, Alice e Serendepity - Consulenze e Consolanze Medico Filosofiche

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Jhonny, Alice e Serendepity

Storie d'amore e poesie


Johnny la sardina era un giovane pesciolino del mare sconfinato, viveva con i fratelli in gremiti banchi pelagici, roteando in sincronie perfette a comporre onde argentee viventi in mute sinfonie oceaniche. L’unione con i tanti fratelli non era solo per proteggersi dai predatori nel gruppo, ma anche espressione di pura felicità danzante.
Al tramonto Johnny ed i fratelli pascolavano felici il plancton della superficie del mare, di notte sprofondavano nel sonno degli abissi. In questo ciclo di vita di assoluta perfezione Johnny era una particella inconsapevole della superiore intelligenza collettiva, un elemento funzionale ma ignaro dei meccanismi strategici che garantivano la sopravvivenza della comunità.
Un giorno Johnny, distrattosi per un attimo dal ritmo danzante, uscì dal banco. Una volta accortosene però esitò a rientrare nei ranghi. Uscire dal gruppo presentava rischi ed incognite, ma anche grandi opportunità: avrebbe forse trovato nuovi compagni di giochi ed avventure, nuovi pascoli di nettare ed ambrosia, nuovi ritmi danzanti. Con spericolata curiosità iniziò a nuotare verso i mirabolanti mari dell’”India”, di cui aveva sentito favoleggiare da piccino. Per serendipity avrebbe trovato, fuori dalla sua routine e al di là di ogni attesa, emozioni ancora ignote.
Le sardine, pesci ossei, appartengono ad una specie gregaria che forma banchi gremiti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di individui, unendosi ad esemplari di altre specie di taglia simile, come le acciughe.
Ed è così che del tutto casualmente incontrò, poco distante dalla prateria di posidonie, Alice Acciughina, graziosissima pesciolina dal fascino irresistibile ed una boccuccia di rossetto rossissimo tutta da baciare.
Fu amore a prima vista. E fu Felicità vera.
Alice sussurrava con voce suadente: «è bello stare con te, sfidare la mia timidezza e baciarti di più, sempre di più, senza fine!». La sua timidezza attendeva un cenno per sedurre ed essere sedotta.
La passione di lui la travolse, abbracciandola con ogni pinna, ogni squama, ogni sua cellula!
Johnny le diceva: «nell’intensità dei tuoi baci, nella vastità del tuo sorriso, c’è qualcosa di inappagato, di incolmabile, di troppo forte… che fa quasi male. Troppo intenso il tuo abbraccio, potrei morirne per troppa gioia. Tu regali la luce abbagliante del Paradiso, privilegio degli Dei. Sei tu una Dea, la mia Dea?»
E Alice: «cavalcheremo cavallucci marini verso remoti regni fatti solo di felicità, vivremo questa completezza per sempre, e tu sarai in eterno il mio re!»
Mentre nuotavano verso la superficie videro per la prima volta il cielo stellato, come dall’interno di una boccia di vetro. E si chiedevano: ma cosa c’è là fuori, oltre? Come fa ad essere così bello?
«Fuori c’è l’assoluto altrove - provava a rispondere Johnny - e non ne sappiamo poi molto. Spesso noi, come tutti i nostri fratelli pesci, nuotiamo per una vita incrociandoci senza una vera destinazione, niente veramente importante da sapere o da non sapere, siamo inconsapevoli nuotatori nel blu infinito, siamo parte di esso, felici e senza pensieri ignoriamo gli enigmi. Ma ora saliremo insieme in superficie per vedere il Cielo! E forse sapremo».

Divagazioni storico-scientifiche sulla serendipità
Il termine serendipità indica le scoperte effettuate per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata ed imprevista mentre se ne stava cercando un'altra. Il termine fu coniato in inglese (serendipity) dallo scrittore Horace Walpole nel XVIII secolo, da Serendip, l'antico nome persiano dello Sri Lanka. Per esempio Cristoforo Colombo “trovò” le Americhe per serendipidy, mentre era in viaggio per le “Indie”.
Spesso si sente dire “tutto ciò che poteva essere scoperto è già stato trovato”…
Lord Kelvin (pseudonimo di William Thomson), fisico e matematico irlandese, nei primi del ‘900, affermava che “ormai nella fisica non c’è più nulla di nuovo da scoprire, e tutto ciò che rimane da fare è calcolare misure un po’ più precise...”. Pochi anni dopo il mondo venne travolto dalle teorie della relatività e della fisica quantistica, a rivoluzionare non solo la scienza, ma lo stesso pensiero.
Come pure accadde per la musica, quando si affermò che ogni possibile armonia era già stata espressa. Poi nel 1923 il compositore austriaco Arnold Schönberg ideò una nuova tecnica, la dodecafonia, con lo scopo di sostituire le funzioni presenti nella musica tonale e permettere al musicista di creare brani complessi strutturati sul principio della pantonalità.
E si potrebbe continuare citando la nascita di internet, estensione di applicazioni nate in ambito militare per contrastare l’apocalisse nucleare; il progetto di un’intelligenza artificiale, originato dagli studi di Alan Turing per decifrare Enigma, sistema criptato di trasmissione della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.
La recente codifica completa del genoma umano trova invece lontana origine negli studi di James Dewey Watson che, circa settanta anni fa - insieme a Francis Crick - scoprì il DNA. È curioso il fatto che Watson, già dottore in scienze zoologiche per l’ornitologia, si fosse convertito allo studio della genetica dopo aver letto il libro “What is Life?” del fisico Erwin Schrödinger.
Le innovazioni più rivoluzionarie del nostro mondo sono quasi sempre nate per serendipity, prospettive diverse o per l’uso del pensiero laterale - ovvero la trasposizione di concetti provenienti da discipline anche molto lontane - oppure per violazione delle simmetrie consolidate, nonché dalla demolizione di luoghi comuni…
È anedottico il richiamo ad Isaac Newton e la mela caduta dall’albero sulla sua testa, con la conseguente ispirazione che portò alla formulazione della legge di gravitazione universale.
Analogamente, nella seconda metà dell’’800, il fisico matematico James Clerk Maxwell arrivò a formulare le equazioni sulla conservazione del moto angolare, dall’osservazione di come cadono i gatti.
Albert Einstein era impiegato in un ufficio brevetti di Berna e, come un bambino, era interessato ai treni, agli orari ferroviari e alla puntualità (così importante nella precisa Svizzera). Era più esattamente interessato a trovare un sistema per migliorare la sincronizzazione dei segnali nelle stazioni ferroviarie: questo fu lo “starter” intellettuale che portò, prima alla elaborazione della teoria della relatività ristretta (1905), e poi della relatività generale (1915), rivoluzionando la fisica ed il concetto stesso di tempo e di spazio. Oggi utilizziamo i navigatori in auto e negli smartphone e probabilmente ignoriamo che non potrebbero funzionare senza l’utilizzo delle equazioni relativistiche.
Werner Heisenberg, padre (con altri) della fisica quantistica, cioè della fisica dell’infinitamente piccolo, era stato seminarista e studioso dei “classici”. I suoi studi presero spunto dalla lettura del Timeo di Platone “per interpretare il mondo materiale dobbiamo sapere qualcosa nelle sue parti più piccole”.

Johnny ed Alice, dimentichi delle simmetrie del banco, si rincorrevano felici nel loro regno d’amore. Spesso si recavano alla superficie del mare a far bolle da spingere in alto, verso il cielo, e poi soffiavano per spingerle ancor più in alto, e ancora più su. Vivevano l’armonia di nuove simmetrie ed altre, ancora nascoste, ne avrebbero volute esplorare.
Passò un tonno e fece di loro un sol boccone.
Che importa? Si erano uniti (ottantamila uova) ed avevano vissuto nell’intensità dell’amore, un tempo breve eppur eterno.
Invidio la gioia di un pesce che vede per la prima volta il cielo e le sue stelle riflesse sul manto d’acqua.
Vorrei essere quella sardina capace di uscire dai ranghi della simmetria del banco, alla ricerca di nuovi equilibri, di nuovi modi di vedere e sentire, alla scoperta di cose inimmaginabili...

(Nell’immagine: Van Gogh, cielo stellato)

 
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