Dialogo tra un ateo e un credente - I libri e i racconti

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Ginger e Fred
 
Si conoscevano da molto tempo, Fred, giovane merluzzo che vagava nei fondali pelagici a caccia di crostacei, e Ginger, un’attempata aragosta da predare.
 
La centenaria Ginger - non era di primo pelo, pardon di tenero carapace - ne sapeva una più del diavolo. Le aragoste possono vivere molto a lungo, in quanto, semplicemente, non invecchiano. Alcuni crostacei condividono con pochissime altre specie la prerogativa di non subire processi di invecchiamento; e sarebbero pertanto immortali, se non venissero predate o non perissero per incidenti. Questa caratteristica è dovuta ai loro particolari telomeri, strutture nucleiche regolatrici della durata della vita, presenti nei cromosomi di tutti gli esseri viventi, veri orologi biologici a scandire il tic tac della vita. Ma quelli delle aragoste sono privi di lancette…
 
Fred inseguiva Ginger ormai da molti giorni, ma non vi era anfratto di scoglio che l’abile crostacea non conoscesse; a confronto il capitano Kirk - eroe di Star Trek, sfuggito al fuoco delle astronavi Klingon mediante la famosa manovra omega - era un dilettante.
 
Un mattino, entrambi sfiniti, si accordarono per una tregua. E iniziarono, per ingannare il tempo, a chiacchierare del più e del meno. Si dice che nel fondo del cuore di ogni nemico alberga un amico, e viceversa.
 
Chiacchierarono per molti giorni. All’inizio fu più per convenienza: la grande saggezza di Ginger maturata in un secolo di vita, combinata con la forza e l’esuberanza di un giovane e combattivo pesce pelagico, costituivano un sodalizio inconsueto ma vincente nella lotta per la vita. Anche le abitudini, prevalentemente diurne del merluzzo e notturne dell’aragosta, rappresentavano un eccellente sistema di protezione reciproca.
 
Fred era affascinato dai racconti di Ginger, sempre sagaci, istruttivi, affascinanti. L’aragosta incitava il merluzzo ad esplorare mari lontani per vivere nuove avventure: «amico mio ci sono più cose nella profondità degli oceani di quante tu possa sognarne!».
 
A dire il vero la crostacea era un po’visionaria, quando arrivava ad affermare: “vieni con me! Ci saranno ancora navi da combattimento al largo dei bastioni di Orione? Ed i raggi B baleneranno nel buio vicino alle porte di Tannhäuser?”.
 
Ginger e Fred erano diversi anche per un altro aspetto: la prima era un’atea convinta, il secondo credeva nel Dio Pesce Supremo, Creatore di ogni cosa e di tutti i pesci, fatti a Sua immagine e somiglianza, e amati come figli.
 
Ciononostante l’aragosta era incuriosita dalla grande fede del merluzzo.
 
Con decisione Fred ribadiva: «testona mia, ma possibile che la storia e le culture che ci hanno preceduto non ti abbiano insegnato nulla? In tutte le civiltà antiche conosciute la religione è sempre stata l’elemento essenziale della loro esistenza. Tutti hanno sempre rivolto lo sguardo nel fondo del mare, indicando il Pesce Eterno con i nomi più disparati. Tutto ciò che ci circonda deve pur avere avuto origine in qualche luogo e in qualche tempo! Poniti qualche interrogativo sulla causa della bellezza, della complessità e dell’ordine presente nell’oceano intero! Tutto ciò non può che derivare da un’Intelligenza Suprema! È il Dio Pesce Eterno, Creatore di ogni cosa!».
 
«Caro mio ingenuo amico - ribatteva Ginger - tutto è frutto del Caso e, prima o poi, nel tempo infinito, sarà necessariamente estratto anche il numero fortunato della bellezza, della complessità e dell’ordine presente. Il Dio Pesce Supremo non è che una risposta grossolana, uno sgarbo nei confronti di noi pensatori».
 
Il serrato dibattito fra l’atea e il credente proseguì per anni senza che si modificassero le opinioni, sebbene in entrambi si insinuò, inconfessato, il seme del dubbio.
 
Non sempre dibattevano su temi così elevati; talvolta Fred si dimostrava un po’ sbruffone nel raccontare di passate ed improbabili avventure amorose con deliziose pescioline: «lei mi implorava… dammi mille baci, e quindi cento, poi dammene altri mille, e quindi cento, quindi mille continui, e quindi cento. E quando poi saranno mille e mille, nasconderemo il loro vero numero!».
 
Un brutto giorno, distratti dai reciproci avvincenti racconti, finirono entrambi imbrigliati in una rete a strascico. Provarono in ogni modo a liberarsi, ma ogni sforzo apparì vano.
 
«È la fine, singhiozzò il merluzzo».
 
«No, amico mio! Farò di tutto per farti uscire vivo da qui!».
 
Ginger cominciò a lavorare alacremente di chele per liberare dalla rete l’amico, incurante della propria sorte. Appena in tempo riuscì a spezzare una maglia, così da poter liberare Fred, proprio mentre la rete veniva issata con un ricco bottino di crostacei.
 
«Non lasciarmi Ginger! Come farò senza di te? Nuotare nel mare senza la tua guida e i tuoi racconti non ha senso!»
 
«Addio merluzzo amico mio, che il tuo Dio Pesce Supremo possa sempre proteggerti!»
 
Caricata sulla barca, Ginger venne liberata dalla rete, furono legate le sue chele e poi gettata con altri crostacei in un’angusta vasca, nel buio e nel terrore. Altre aragoste catturate con lei, speravano ancora e balbettavano: «non ci hanno ancora ucciso, forse ci porteranno in un acquario per far divertire i bambini…».
 
Peccato che il camion refrigerato, in attesa sulla banchina, recasse la scritta “l’Aragosta, ristorazione rapida di mare”.
 
La sera si accesero luci sfavillanti nella sala del gran ristorante, con musica diffusa e odore di fritto mischiato a profumi di signore imbellettate. Ginger ebbe il privilegio di essere scelta per prima, estratta dalla vasca e gettata viva in un pentolone. Mentre iniziava a bollire l’acqua, Ginger ebbe ancora il tempo di pensare all’amico salvato e, benché atea, di implorare quel Dio Pesce Supremo: «ché almeno l’agonia possa durare poco! Addio! Grazie per avermi fatto vivere e così a lungo!».
 
Non ebbe fiato per dire altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le dieci zampe e, dopo un gran fremito, rimase lì stecchita. In un infinitesimo attimo, prima della completa bollitura, le parve di avvertire una musica soave, l’Alleluja dal Messiah di Haendel. Solo per un attimo, prima dell’abisso, del buio, della morte.
 
La cena fu squisita. La signora che divorò Ginger ne fu molto soddisfatta: «grazie mio caro, quell’aragosta era proprio deliziosa!». E, indossato un prezioso visone, la donna aggiunse: «la prossima volta mi porteresti da Chez Marcel, non distante da qui? Pare abbiano un delizioso foie gras!». Le anime di visoni, aragoste, oche - e dei cinquanta miliardi di bestioline che ogni anno divoriamo - ebbero un sussulto.
 
Rimasto solo, con la grande esperienza acquisita, Fred divenne un feroce predatore. A volta si meravigliava egli stesso della sua spietatezza, finché un giorno, dopo aver mancato una preda che puntava da un po’, esclamò un sonoro “Porco Pesce” - che nella lingua dei pesci sarebbe una gran bestemmia - e da allora perse definitivamente la fede.
 
Qualche volta nel sonno sognava la sua Ginger, che gli sussurrava: «non esiste l’aldilà e io NON SONO più, ma ho vissuto e quindi, in un luogo inconcepibilmente lontano, in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio, là dove esiste un’infinita biblioteca che conserva i sentimenti, le gioie, le sofferenze di ciascuno di noi  - e di tutti gli esseri un tempo senzienti, senza distinzione di ruoli o di specie - insomma, là dove è stato costruito un immenso e tragico monumento alla vita che è stata, io, in qualche modo, ancora SONO, nell’ultimo scaffale…».
 
 
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