Storia e storie dimenticate - Consulenze e Consolanze Medico Filosofiche

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Storia e storie dimenticate

I PAZIENTI DEL DR. CLAUD


Nella mia vita professionale di medico di corsia ho avuto l’opportunità e il privilegio di poter raccogliere storie altrimenti destinate all’oblio, condannate a disperdersi per sempre con la scomparsa degli anziani pazienti. Ad ogni morte perdiamo un’intera biblioteca di dati, storie, emozioni, sentimenti. Una raccolta insostituibile di infinite gioie ed infinite sofferenze. Sento il dovere di conservarle e di trasmetterle. È vero, qualcuno potrebbe dire che ho forse un po’ trascurato l’impegno clinico a favore di un’indagine storica ed umana: il cognome, la provenienza, l’accento del mio paziente degente costituivano gli indizi preliminari per la ricerca. Ma il paziente non è solo la sua malattia ma anche la sua storia. Anche conoscere le persone e le loro origini fa parte della cura. Che cosa c’è dietro la loro sofferenza manifesta?

Il piccolo popolo sconfitto da tutti

Ricordo la cara signora Dora Henlein, molto anziana e ricoverata per una patologia epatica terminale, di origini cecoslovacche e forte accento tedesco, sebbene italianissima.
«Cara Signora Dora, dalla scheda anagrafica leggo che è nata in Cecoslovacchia…».
Ma la mite signora ebbe una brusca ed improvvisa reazione ed urlò: «Non sono Ceca! Sono Sudeta!».
Mi sovvennero allora frammenti di storia: i Sudeti, popolazione di stirpe germanica, vivevano in una enclave nel territorio ceco al confine con la Germania. Infatti dopo la sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale l’enclave era stata annessa alla Cecoslovacchia.
Tale minoranza tedesca in territorio ceco venne emarginata dalla restante popolazione. Come per Danzica in Polonia, le vicende di questa comunità furono l’occasione colta da Hitler per giustificare l’inizio dell’espansione in Europa e la costituzione della “Grande Germania”. Con i fatti più noti di Danzica, anche la riannessione del territorio dei Sudeti rappresentò il primum  movens della seconda guerra mondiale.
Dopo la sconfitta tedesca nel 1945 si scatenò la vendetta sui Sudeti, accusati di collaborazionismo (più che da parte dei Cechi, da parte dei Russi).
La giovanissima Dora, allora diciassettenne, nascosta in un fienile con la sorellina, assistette all’eccidio di tutta la famiglia, in particolare della madre, poi brutalmente gettata in una fossa comune. Con l’aiuto degli americani, lei e la sorella riuscirono a scappare. Dopo molti mesi di fuga disperata, giunsero infine in Tirolo. Alcune stime affermano che i profughi sudeti furono approssimativamente tre milioni.
Durante la fuga, nella confusione postbellica, perse le tracce della sorella.
A Bolzano, grazie alla conoscenza della lingua tedesca, trovò un lavoro e sposò un italiano (purtroppo morto dopo qualche anno per infarto) ed ebbe un bambino, quindi si trasferì nel milanese con il figlio.
«Mia cara Dora, ma non è mai tornata nella sua patria di origine?» chiesi ingenuamente. «Assolutamente no, mai e poi mai sarei tornata in un luogo di tale sofferenza!». E non ebbi più il coraggio di chiederle altro.
Quanti oggi conoscono i Sudeti e la loro tragedia, sebbene vi siano analogie con le Foibe degli italiani dell’Istria? La civiltà di una comunità di oltre tre milioni di persone tradite dai fratelli tedeschi, dai cechi, dai russi… Quanta Storia e quante storie sono andate perdute…
Ora che anche Dora è scomparsa queste righe rappresentano l’unica sua memoria.


Il sentiero del rancore

Anche il Signor Michele Pacher era malato terminale degente nella mia corsia ospedaliera, in attesa dell’ultimo viaggio verso l’hospice.
Sebbene di accento italianissimo, il suo cognome tradiva un’origine germanica e ricordava il nome di un noto pittore rinascimentale sudtirolese (Michael Pacher).
«Caro Signor Michele, lo sa che il suo nome è quasi uguale a quello di un grande pittore del Trentino Alto Adige? dipinge forse anche lei?»
A questo punto il Signor Michele, fino a quel momento cupo e silenzioso, cominciò a raccontare la storia tormentata della sua famiglia.
Correvano gli anni della prima guerra mondiale e la sua famiglia trentina, di origini contadine, viveva su alte malghe ed alpeggi del Lagorai. Allo scoppio del conflitto nella locale comunità ladina il nonno di Michele, Julian, in età da leva, veniva arruolato nell’esercito austroungarico di Francesco Giuseppe.  Contro i maledetti italiani! Ma gli amici più cari di Julian erano gli italiani dall’altro lato della valle. Julian disertò attraversando una notte i passi alpini verso l’Italia. Gli altri fratelli e tutta la comunità ladina del Lagorai parteciparono al conflitto nelle divise dell’Austria e mai perdonarono a Julian la sua scelta di disertore…
E mai più si riunirono: i figli e i nipoti, ormai alla terza generazione, hanno percorso strade differenti, separate da un solco secolare di rancore.
Il Signor Michele, in una maledizione perpetua attraverso i secoli e le generazioni, non ha mai potuto rivedere i familiari del troncone ladino del Lagorai, e nemmeno i suoi luoghi natali. E dopo la sua scomparsa i figli ed i nipoti avranno memoria delle ragioni dell’anatema? Verrà ripercorso in eterno il sentiero del rancore?

(Nell’immagine: Pablo Picasso, le due sorelle)


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