Non si può essere medici di se stessi - I libri e i racconti

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Essere medico
Come medico, Ti é mai capitato di diagnosticare un male letale ad un tuo paziente?

Spesso, purtroppo, in quarant’anni di attività presso medicine acuti e strutture di pronto soccorso. L’approccio con il paziente in prognosi infausta, in Italia, è mediamente “soft”, generalmente mediato attraverso la famiglia e sottolineando di più “il bicchiere mezzo pieno” (laddove ve ne sia…) rispetto “al bicchiere mezzo vuoto”.
Altrove (nord Europa - ho frequentato la clinica universitaria di Berna -) è mediamente brutale. Il primario della clinica di Berna siglava con un glifo particolare la cartella dei pazienti non meritevoli di (eventuale) rianimazione, qualora si fosse determinata una crisi… in una efficientissima burocrazia tanatologica.
Qualche volta ho dovuto affrontare “la comunicazione” con pazienti privi di riferimenti familiari e ancora perfettamente senzienti, e non è stato facile. Ma in tali casi quasi mai il paziente ha voluto “sapere” fino in fondo e allora mi sono fermato. L’istinto alla vita e alla sopravvivenza prevalica ogni razionalità. È il caso di un mio Maestro e primario, dottissimo, incapace di riconoscere un cancro esteso alla radiografia dei suoi polmoni di gran fumatore; neppure uno studente al primo anno di medicina avrebbe frainteso la diagnosi. E così morì convinto di avere una polmonite virale a lenta risoluzione.
Da molti pazienti “che se ne sono andati” ho cercato di raccogliere le loro memorie di vita, di gioie e sofferenze, affidatemi in un tentativo di rimandarne il definitivo oblio; da qui sono nate alcune pagine scritte, piccole ma intense storie.
Peculiare dell’uomo è la capacità di costruire storie e Storia, e una storia non esiste se non viene raccontata. Questo devo a chi non ho potuto salvare.
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