Oscure presenze in un'antica villa - I libri e i racconti

Vai ai contenuti
Presenze alla Villa Triste
 
Ero un vivace bimbetto di 4-5 anni, un po’ solitario e sognatore come tutti i figli unici ma senza altri particolari problemi. Da poco, con la mia famiglia, mi ero trasferito nella grande città.
 
«È tempo di asilo», devono aver pensato mamma e papà, anche per prepararmi al non lontano inizio della scuola elementare.  Temevano infatti che, vissuto sempre in casa senza fratelli né cugini né amichetti, potessi avere problemi di relazione con gli altri bambini.
 
«Ma dove lo portiamo? Guarda, c’è un asilo proprio a due passi da casa, gestito da suore, in un’antica villa». Detto fatto: dal giorno successivo fui avviato lungo il mio nuovo percorso di vita, con il regolamentare “cestino” di vimini che allora si usava dare ai bambini.  
 
Tutto bene? No!
 
Fin dal primo giorno vissi terrore e angoscia. Li ricordo ancora vividamente.
 
La villa era buia e tetra.
 
Aveva un giardino piccolo, cupo e ombroso.
 
Un cane “cattivissimo” e nero abbaiava sempre alla catena. Sempre furioso.
 
Le suore avevano volti pallidi, duri, inespressivi.
 
Mi sgridavano spesso e malamente. Forse perché piangevo sempre, da quando arrivavo a quando i genitori venivano a riprendermi. Non ricordo altri compagnucci, forse anche perché venivo messo in solitario castigo da qualche parte. Così il primo giorno e tutti i successivi. Non ricordo quanti giorni durò inesausto l’incubo.
 
Infine venni “cacciato” e ripreso a casa dai perplessi genitori. Si preoccuparono per l’imminente inizio del ciclo scolastico regolare. Come avrei reagito? Cosa sarebbe successo? Avrei avuto altri traumi?
 
Nulla di tutto ciò. Iniziai le elementari in scioltezza. Mi piacque pure frequentarle, nonostante le levatacce al mattino presto e il percorso per strada a piedi con un cappottino di cartone e un freddo cane.
 
Soltanto dopo molti, moltissimi anni capii che cosa mi era successo in quell’asilo. Ripassando per caso in quella buia via rividi la villa, ancora tetra ma ora fatiscente e disabitata.
 
C’era una targa sulla cancellata: Villa Fossati. Meglio nota come Villa Triste. Sede di spaventose torture ed eccidi perpetrati a Milano nel 1944 dalla famigerata banda fascista di Pietro Koch, a danno di ebrei, oppositori, comunisti, partigiani o semplici sospettati. Un luogo di puro orrore.
 
Presumo che all’epoca del mio “asilo” nessuno o pochi ne fossero a conoscenza. Sicuramente nulla sapevano i miei genitori; del resto papà era stato partigiano pluridecorato.
 
In quel luogo avevo provato un’angoscia che non avrei più provato in vita mia. Irrazionale, direi ora. Ma reale. Tutta la mia restante vita fu dominata dal macigno della razionalità, da rigide interpretazioni materialistiche di ogni forma dell’esistenza, ingabbiata in un’arida e deterministica formazione scientifica. Eppure, la tenera sensibilità di un bimbo aveva potuto sentire i fantasmi, percepire non si sa come le ombre del male che permangono nel tempo.
 
(Nell’immagine: La Villa Fossati, meglio nota come Villa Triste, di Milano)
Torna ai contenuti