Parmenide, venerando e terribile! - I libri e i racconti

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Parmenide,Venerando e terribile!

Così viene descritto Parmenide, filosofo, sacerdote, medico, legislatore.
Nella Elea greca (poi Velia romana, presso l’odierna Ascea, a sud di Salerno nel Cilento) giganteggiano nel V sec a.C. la sua figura e la sua opera (di cui purtroppo restano pochi frammenti, in forma di poema in esametri). Nel poema (la via della verità) il Filosofo descrive un immaginario viaggio verso la dimora di una Dea.
“L’essere è, il non essere non è, pensare ed essere sono la stessa cosa”, questo il suo aforisma fondamentale. Si tratta del primo filosofo a discernere del concetto di essere, con argomentazioni logiche (il principio della non contraddizione) e non più mitologiche.
La conseguenza (radicale) del suo pensiero è la negazione del divenire, l’attestazione dell’assoluta fallacità dei sensi. In questo vi sono similitudini con le religioni/filosofie apofatiche (*) orientali come l’induismo, Il buddismo, il taoismo.
*la comprensione della natura del Cosmo non può essere espressa a parole e la realtà vera delle cose è avvolta dal velo di Maya.
Persino il cosmo curvo immaginato da Einstein rimanda all’essere parmenideo rappresentato dalla sfera (per lo scienziato infatti l'universo è finito, sebbene illimitato, fatto di uno spazio tondo ripiegato su se stesso).
Il dibattito filosofico che ne è derivato arriva fino ai giorni nostri.
Pare che il “Venerando”, durante un viaggio ad Atene, abbia incontrato un giovanissimo Socrate, con cui avrebbe “battibeccato”.
Il suo più grande antagonista fu il quasi contemporaneo Eraclito: il “panta rei” (tutto scorre) dell’Efesino gli si contrapponeva infatti radicalmente.
In un certo senso “mediatori” furono prima Empedocle di Akragas (oggi Agrigento) e poi il grande Platone di Atene, nel tentativo di risolvere il conflitto tra l'essere e il molteplice, e che porterà alla teorizzazione del mondo (platonico, iperuranico) delle idee.
Feroci confutatori della filosofia eleatica furono poi sofisti, scettici, nichilisti, relativisti delle varie scuole filosofiche ateniesi e soprattutto Democrito, che teorizzava una “convivenza” fra essere (gli atomi) e il non essere (lo spazio vuoto).
La più radicale contrapposizione, nei tempi “moderni”, è rappresentata dalla filosofia empirista inglese (per essa la verità può derivare solo dai sensi, dall’esperienza).
Ma è con il contemporaneo Emanuele Severino che il pensiero parmenideo riprende vigore e sviluppo; in particolare nel suo scritto “Ritornare a Parmenide”, Severino propone un'originale reinterpretazione della dottrina dell’essere immobile ed eterno, un ritorno al “razionalismo”.
L’importanza del pensiero filosofico parmenideo (e della sua scuola filosofica, quella eleatica, di cui il più importante esponente dopo di lui fu Zenone) ha tuttavia messo in ombra altri fondamentali aspetti del suo insegnamento: egli era il massimo rappresentante degli “OULIADES”, ovvero dei medici e sacerdoti della città. Da lui prese infatti avvio la prima scuola medica, denominata anch’essa eleatica, ispiratrice a sua volta, molti secoli dopo, della prima scuola medica italica, quella di Salerno.
Di grandissima attualità è il concetto che Parmenide espresse circa la necessità di ben curare la Città (e cioè il contesto politico e sociale), per meglio poi curare l’individuo.
Ovvero la malattia intesa come espressione di un contesto malato. E pertanto fu anche legislatore: curatore della città (polis), prima ancora che dell’uomo.
Infine un riferimento (quasi) personale.
Nel 1962 venne trovato negli antichi scavi di Elea, la Velia romana, un'erma acefala con l'iscrizione in greco: Parmenide figlio di Pirete medico degli Uliades. Solo alcuni anni dopo venne anche ritrovata la testa-ritratto con barba qui sotto raffigurata, con la base del collo adattata ad essere sovrapposta in un'erma del tipo di quella precedentemente ritrovata con l'iscrizione citata. Si trattava pertanto, quasi sicuramente, del busto di Parmenide, oggi ovunque conosciuto, a seguito di successive esposizioni nelle principali mostre mondiali sull’arte della Magna Grecia.
Ebbene quel busto venne proprio rinvenuto dal mio gruppo di scavi, all’inizio degli anni settanta, un gruppo di studenti liceali, volontari dilettanti archeologi, diretti dallo scomparso e indimenticabile prof. Mario Napoli.
Nell’immagine: busto attribuito a Parmenide, antiquarium di Velia. Foto personale.
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