Racconti dei cari pazienti e dei cari colleghi - I libri e i racconti

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Eros e Thanatos
La notte è calda ed afosa. Arriva una chiamata dalla Pneumologia. Strano… È raro che chiamino di notte da quel reparto. Deve essere proprio grave… Infatti: arresto cardiorespiratorio. La prassi della rianimazione prevede la ventilazione con pallone autoespandibile Ambu da parte dell’infermiera ed il massaggio cardiaco da parte del medico, ai due lati del letto. Ma la notte è appunto terribilmente calda ed afosa e l’infermiera, con il suo candido camice mal allacciato dalla fretta, non ha niente sotto... E nel sincronizzato esercizio rianimatorio il mio naso ritmicamente poggia nell’incavo dei suoi procaci seni. Sono colto di sprovvista: la reazione fisiologica è più forte del ruolo e del contegno, e massaggio sempre più forte, più forte, più forte...
E il cuore del paziente riprende a battere. Eros e Thanatos in perenne antagonismo, questa volta vince Eros.

Mal di testa con sorpresa
Albert, giovanissimo collega, è di turno in una delle sue prime guardie e, si sa, i giovani ambiscono a “salvare il mondo”.
Si presenta una giovane donna, lamentosa per dolori al capo. «Dove esattamente le fa male?» - chiede con sussiego il nostro dottorino. La signorina indica genericamente con la mano la regione auricolare, che però è coperta dai capelli. Il collega si arma di lancia in resta - pardon di otoscopio - e si avventura tra la folta chioma. Sposta la ciocca di capelli e rimane impietrito: l’orecchio non c’è! Con un’espressione attonita da pesce lesso, bloccato nel suo gesto eroico, Albert riesce soltanto a proferire, sconsolato e a mezza voce «e ora che faccio?». L’intero staff del Pronto Soccorso - e persino la paziente - a questo punto scoppiano a ridere, senza ritegno.
L'agenesia delle orecchie è un'anomalia anatomica congenita, che può contraddistinguersi per l'assenza di tutte le componenti, dall'orecchio esterno all'orecchio interno, oppure per l'assenza della sola porzione esterna. Le persone prive di tutte le componenti delle orecchie sono completamente sorde, invece i soggetti sprovvisti del solo orecchio esterno possono avere una variabile capacità uditiva.

Non è vero ma ci credo - O curniciello di Capodanno
È la notte di Capodanno, e ci tocca il turno. «Avremo un minuto per brindare al nuovo anno?» - ci chiediamo sconsolati tutti quanti.
Le premesse sono pessime. Alle ore 21 il PS è come Piazza del Duomo a mezzogiorno… Ma c’è Lena, graziosa e rotondetta infermiera, napoletana verace. «Non preoccupatevi, cari colleghi! È certo che a mezzanotte tutto si acquieterà». «Impossibile!» - ripetiamo tutti. A questo punto la cara Lena estrae dalla sua borsa un corno. Sì, un gigantesco corno rosso, genuino partenopeo.
«Abbiate fede!». Per la serie “non è vero ma ci credo”, già dalle ore 23 il PS miracolosamente si svuota e non arriva più nessuno, non un’ambulanza, non un passante. A mezzanotte e per una buona mezz’ora ancora, possiamo tutti brindare, abbracciarci e persino riscaldare del cotechino con le lenticchie! Sì! È stato il corno!
Appena riposto in borsetta ritorna l’inferno.
La storia del corno portafortuna affonda le radici nell’antichità. La sua simbologia è diffusa in tutte le civiltà e culture, da quella ebraica e cristiana a quella sumera, da quella indù e cinese a quella degli sciamani siberiani. La convinzione che il corno rosso porti fortuna risale all’epoca preistorica, quando gli uomini delle caverne appendevano all’entrata del loro rifugio delle corna di animali uccisi, simbolo di prosperità e potenza, ma anche di fertilità. Per secoli grandi condottieri si fecero raffigurare con questi ornamenti sul capo, poiché le corna erano ritenute sia emblema di potere, sia di appartenenza e discendenza divina. Il popolo ammaliato dal carisma di tali guerrieri investiti di potenza pseudo divina, iniziò a costruirsi piccoli amuleti a forma di corna o di unico corno. In Italia venne anche considerato un simbolo fallico. La forma del corno napoletano rappresenta infatti il fallo di Priapo, il dio della prosperità. I greci ed i romani pensavano che Priapo proteggesse dalla cattiva sorte. Vari simboli di questo tipo, detti “curnicielli”, sono stati rivenuti sia negli scavi di Pompei sia di Ercolano. Nel Medioevo, poi, il corno assunse proprietà magiche, diventando ufficialmente amuleto capace di imprigionare l’influenza del maligno; il talismano doveva essere rosso e fatto artigianalmente.

Final destination
Accadde ad una gentile giovane collega in servizio notturno di emergenza.
Lorenzina, ragazza psicolabile già seguita dai servizi sociali, si presenta per l’ennesima volta in PS con ferite da taglio al polso. Ma questa volta la ferita autoinferta è diversa dalle precedenti, è più profonda, più precisa e pericolosamente vicina all’arteria radiale. La collega ritiene questa volta di proporre una valutazione psichiatrica finalizzata al ricovero. Le procedure d’ospedale, in questi casi, richiedono un parere obbligatorio di consenso dello psichiatra. Ma lo psichiatra è un collega noto come l’”innominabile”, giovane ed arrogante rampollo di famiglia bene milanese, figlio di cattedratico, perennemente perso nei fumi di canne interminabili e forse “fatto” anche di peggio.
La consulenza consiste in un florilegio di insulti e minacce alla giovane collega «che non si deve permettere di disturbare». Sì, di disturbare la quiete paradisiaca dei suoi viaggi psichedelici…
Non c’è altra soluzione che medicare la paziente ed indirizzarla al centro psico-sociale, aperto dalla mattina successiva.
Ma la giovane collega è inquieta ed ha ragione: uscita dall’ospedale Lorenzina si getta sotto la prima auto di passaggio. E ci scappa il morto! No, non il decesso della sciagurata, che nell’incidente romperà soltanto un dente. A morire è l’anziano autista dell’auto, suo malgrado investitrice, colto da malore e finito poi contro un palo.
La “Grande Falce” è comunque soddisfatta: il conto è pari!

La pelle del salame
Mitty è una giovane chirurga, raffinata e molto scrupolosa, ma anche un tantino schizzinosa.
Segue alla lettera il dettato del perfetto esame obiettivo chirurgico, non importa per quale disturbo il paziente si presenti. Il protocollo prevede anche l’esplorazione rettale, sempre. Le infermiere lo sanno e di consuetudine predispongono nel suo “carrello visite” quantità esagerate di guanti monouso ed ettolitri di gel lubrificante.
Quella notte si presenta un signore preoccupato per l’unghia incarnita, ma c’è Mitty a visitare e gli tocca, ahimè, l’imbarazzante “manovra”. Il signore dal piede dolente avrà così salva la vita.
In effetti l’”esplorazione” del buio orifizio suscita un dolore riflesso al basso ventre che, meglio esaminato, palesa i segni di un aneurisma dell’aorta addominale, già in rottura. L’uomo, subito operato, deve appunto la vita allo scrupolo quasi maniacale della nostra eroina. La collega proseguirà poi tutta notte nelle sue pedisseque “esplorazioni” di ogni paziente.
Come capita abitualmente, verso mezzanotte, il personale in servizio fa una breve sosta nel locale cucina. Quella notte qualcuno aveva portato un bel salame, pronto da tagliare, pelare e gustare. Alla raffinata collega viene offerta la sua parte: «Ma non ci penso nemmeno! Che qualcuno mi tagli e mi tolga la pelle del salame, che mai vorrei avere quell’odore sulle mani!».

(Nell’immagine: Tempi lontani di Angelo Morbelli)

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