L'inferno è qui e oggi - I libri e i racconti

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Il turnista e la compassione
La notte del Pronto Soccorso è un susseguirsi di urgenze, un fluire senza soluzione di continuità di sofferenze, ed io sono stanco, siamo tutti stanchi...
Dopo l’ultima emergenza ci siamo guadagnati una pausa. La pausa dura il tempo di una sigaretta. Ma come si fa a non fumarsi una siga dopo tanta adrenalina?
Non c’è ovviamente un posto per fumare in ospedale e allora il “covo” bisogna inventarselo. La scala di servizio conduce ad una porticina che si apre all’aperto, in un lembo di prato secco e sporco. Qui si svolge la ritualità di noi fumatori del PS, complici nella nostra piccola trasgressione. Sfiniti ci appoggiamo al muro, ma anche il muro è sporco. Una ragnatela rimane impigliata al camice stropicciato. Mentre cerco di spazzarla via, mi accorgo della presenza di piccole sacche sulla ragnatela che imprigionano alcuni insetti, forse ancora vivi, in attesa di essere divorati dal ragno. Non c’è compassione nel regno animale. “Sappiamo bene infatti che tutta la Creazione geme e soffre…” - scriveva Paolo di Tarso nella lettera ai Romani.
La compassione, se c’è, è umana, talvolta espressa anche nei confronti degli animali. Ed è proprio la compassione che ispirò le riforme nella società dell’imperatore buddista Asoka, nell’India del III sec a.C.; vennero proibiti la caccia ed il ferimento di animali, vennero creati rifugi ed ospedali per la loro cura.
Anche Ildegarda di Bingen - dotta teologa e madre badessa nella Germania dell’XI secolo - cercò di risolvere la questione della violenza insita nell’atto di cibarsi con la carne. Nel “suo” Paradiso Terrestre gli animali godevano del privilegio di non essere mangiati e semplicemente si univano in comunione spirituale ed alimentare con Adamo.
Già, il perduto Paradiso Terrestre, ove non erano contemplati l’orrore e la sofferenza, quando non era ancora nato il lignaggio di Caino. Allora, dove e quando collocare l’Eden?
Forse fra i primati, fra le protoscimmie arboricole delle nostre origini più antiche?
Erano sicuramente felici di saltare da un ramo all’altro, alla ricerca di saporiti fichi e squisite banane, innocenti e beate nello spulciarsi vicendevolmente in teneri incontri di grooming. Ma ogni tanto qualche scimmia troppo rilassata nel sonno notturno cadeva dall’albero e così risolveva il problema della cena di qualche felino. Forse l’incubo che tutti noi, prima o poi abbiamo fatto, cioè cadere rovinosamente dall’alto, con conseguente risveglio madidi di sudore, rappresenta l’ancestrale ricordo di quel pericolo mortale, di quell’orrore; primordiale archetipo del nostro inconscio collettivo - direbbe Carl Gustav Jung.
E allora bisogna arretrare nel tempo per trovare tracce del Paradiso, ma molto, molto indietro, per miliardi di anni. Paradiso privo di violenza era sicuramente il mondo ancestrale dei cianobatteri, capaci di trarre nutrimento dalla luce del sole (con l’invenzione della fotosintesi clorofilliana) e dai minerali della terra, due miliardi e cinquecento milioni di anni fa. Ma qualcosa andò storto. Il prodotto di scarto del loro metabolismo era un gas estremamente tossico per l’ecosistema di quel mondo: l’ossigeno. La comparsa dell’ossigeno nell’atmosfera terrestre comportò la prima delle grandi estinzioni del bios su scala planetaria. Chi sopravvisse dovette sviluppare nuovi sistemi metabolici per ripararsi, o nascondersi in anfratti anaerobi. In tempi successivi, i pochi superstiti riuscirono persino a trasformare quel veleno in un nuovo ed efficientissimo carburante per i meccanismi della vita.

Solo così si poté arrivare alla biosintesi (esigentissima da un punto di vista energetico) del protocollagene, il collante delle strutture complesse della vita, che consentì di unire le cellule in organismi pluricellulari e poi di fornire a questi ultimi una forma, un corpo.
Nei momenti difficili - per avvelenamenti planetari, scarsità di risorse, competizione o altro - “qualcuno” trovò una scorciatoia, una via di scampo all’estinzione. La scoperta rivoluzionaria fu accorgersi che era molto più conveniente, da un punto di vista energetico, predare e nutrirsi degli organismi più semplici. Questi ultimi, lenti costruttori di vita a partire da elementi inorganici e dall’energia del sole, vennero prima semplicemente inglobati (fagocitosi) e, successivamente, sbranati, dal momento in cui i predatori acquisirono anche la dentizione. Era un indubbio vantaggio “evolutivo”, tutt’oggi alla base della “catena alimentare”.
Qui porrei la nascita di Caino e del suo lignaggio, con la fine del Paradiso Terrestre.
I successivi due miliardi e cinquecento milioni di anni rappresentano il perfezionamento delle strategie di predazione e conseguentemente di difesa dei predati.
Poche centinaia di migliaia di anni fa compare l’homo sapiens sulla scena del mondo. Prederà tutto ciò che può essere catturato, fino a provocare l’estinzione di intere specie animali, già in tempi preistorici (per esempio la megafauna delle Americhe venne sterminata dai nativi già circa diecimila anni fa). A questo punto la predazione per l’uomo diventerà intraspecifica, predazione che oggi chiamiamo guerra, una costante dalla preistoria alla storia, un conflitto che dura da diecimila anni con qualche breve ed insignificante pausa che noi chiamiamo pace.
Il tempo della sigaretta è terminato e già rimonta l’ansia per le nuove urgenze in arrivo; certo è che le cupe riflessioni originate dal pasto del ragno non hanno giovato alla serenità.
Per tutta notte è un correre fra pazienti barellati, molti sofferenti veri, alcuni solo ipocondriaci, ma tutti bisognosi di un conforto. Purtroppo il tempo che si riesce a concedere ai sorrisi è sempre più ristretto.
Spunta il primo raggio di sole e noi “occhicerchiati” del PS, drogati di adrenalina e stanchezza, proviamo la gioia inesprimibile del rito del caffè al cambio turno. È terminata la nostra battaglia e abbiamo il privilegio di poter rivedere la luce assieme a quei pazienti che - forse - abbiamo salvato. Prima di uscire faccio un rapido giro nei corridoi stipati di barelle, ormai in seconda fila, perché per nulla al mondo me ne andrei senza un pur brevissimo saluto, o solo un sorriso, ai pazienti che purtroppo restano, a risarcimento della sbrigatività della notte, nella quale l’empatia giocoforza scarseggia.
La compassione, strana e contraddittoria invenzione solo umana, da sola non serve a nulla. Ma qualora si riesca ad unirla alla “téchne” - tecnica e scienza (dal Greco antico, “saper fare”) - può diventare arte, nello specifico arte medica.
Spesso serve un tranquillante per poter dormire di giorno dopo l’overdose di adrenalina, ma il sonno è agitato. Sogno noi del PS come i trecento spartani guidati dal re Leonida, ad affrontare lo sterminato esercito persiano, ovvero l’intero contingente del male del mondo, armati solo di compassione e téchne. Moriremo tutti, lo sappiamo, e ci prepariamo lavandoci e radendoci con cura. Alle Termopoli cambieranno le sorti del Mondo, grazie al nostro sacrificio, o almeno così speriamo…

«A voi, o Spartani dalle larghe piazze,
o la vostra città sarà distrutta dai discendenti di Perseo
o ciò non avverrà, ma Sparta piangerà
la morte di un re della stirpe di Eracle.»
(Erodoto, Storie, VII, 220. Dall’oracolo di Delfi)

Cercasi Cantore dei Leonida dei Pronto Soccorso.

(Nell’immagine: Oplita di Sparta, come re Leonida)


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