Il commiato, il debito e lo spreco - Consulenze e Consolanze Medico Filosofiche

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Il commiato, il debito e lo spreco

FRAMMENTI AUTOBIOGRAFICI


“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!”
Ho scritto questo testo come lettera di commiato ai Colleghi ospedalieri, al raggiungimento dell’età pensionabile.
Trascorsi oltre 40 anni tra apprendistato e dipendenza, lascio l’ospedale, con sollievo ma anche con rammarico.
Penso al grande “spreco”: la mia formazione (per i primi 30 anni full time e quindi in itinere fino ad oggi) è costata molto a me stesso, alla famiglia, alla società. Avrei voluto restituire e trasmettere quel poco o quel tanto che ho appreso, anche solo per osmosi, dai muri ospedalieri. Avrei cioè voluto tramandare dati, esperienze, sentimenti ad ipotetici discenti. Purtroppo la deriva burocraticistica, mercantile e difensiva della medicina ha reso difficoltoso, se non impossibile, questo passaggio fra maestro e allievo, il più etico e peculiare della specie umana. L’Uomo nella sua Storia è riuscito a contraddire il secondo principio della termodinamica: l’informazione complessa, con la morte, sarebbe altrimenti per sempre perduta e non più recuperabile – così come previsto dal dettato dell’entropia.
Resta comunque il “debito”, un debito immenso nei confronti di tutti coloro che hanno permesso questo (mio) percorso: la famiglia, la scuola e la società nel suo complesso. Ma il debito più grande è nei confronti dei Maestri di ogni epoca: grazie al loro infinito studio ed impegno, abbiamo (ho) potuto vedere molto lontano - come “nani sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto” (Bernardo di Chartres e Bacone) - in ogni campo, in ogni conoscenza.
Quale gioia più grande quella di conoscere, di poter vedere così lontano?
Tuttavia la fisiologia non è un’opinione. Gli anni riducono l’energia e l’entusiasmo necessari per stare al passo con i ritmi di lavoro e con l’accelerazione di una scienza in continua evoluzione; purtroppo il pensionamento prevede solo un “on-off” e non una graduale dismissione, rispettosa dei mutati equilibri di mente e corpo. Manca l’opportunità di sostituire progressivamente il lavoro in prima linea con ruoli di insegnamento.
In particolare l’insegnamento di quel reperto archeologico che si chiama “clinica” a giovani medici ed infermieri che, non per loro colpa, travolti come sono da scartoffie “ad minchiam”, protocolli, linee guida, “cronoprogrammi”, ovvero barbarie lessicali ed ontologiche, a sola vanagloria di chi li ha ideati e imposti con sottrazione criminale di tempo alla vera assistenza al malato, tenderanno sempre più ad ignorare il significato stesso della parola: clinica.
In conclusione mi sembra che nel mondo vi sia un grande spreco: spreco di sovrastrutture burocratiche ad ogni livello, spreco o mal utilizzo di tempo ed energia per formare medici, professionisti, dirigenti, l'uomo in genere, a fronte di un relativo breve lasso di tempo per un’adeguata “restituzione”, così come del resto ravvedo sprechi in moltissimi altri campi: dal cibo mal distribuito, dai rifiuti non riciclati, dall’eccesso spesso acritico di informazione tesa ad ingolfare le menti, spreco nella ridondanza del DNA, del sistema immunitario, della vita stessa, animale e vegetale, che termina con la morte e l’inevitabile perdita di intere biblioteche di dati, esperienze, testimonianze, sentimenti… persino l’Universo stesso a volte mi appare costosissimo e pletorico sistema. Che “Dio” stesso sia un po’ sprecone e pasticcione?
Auguro a chi resta serenità e saggezza nell’affrontare il rimanente percorso e resilienza nei confronti della deriva di cui sopra, con la speranza, al termine della propria carriera lavorativa, di poter restituire e tramandare quanto di meglio appreso.
Mi permetto infine di dispensare un consiglio: ascoltiamo i collaboratori che sono a diretto contatto con il paziente e la sua malattia, ma soprattutto ascoltiamo veramente il nostro datore di lavoro, il malato.
Voi che restate potrete essere più "alti" di me” e vedere ancora più lontano. La gioia di poter conoscere è la più grande in assoluto!
Ave atque vale: ''Se il divertimento vi è piaciuto, offrite il vostro applauso e tutti assieme manifestate la vostra gioia''.

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