Santiago di Compostela - I libri e i racconti

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Un Uomo in cammino
Igor ed io ci conoscevamo da qualche anno e frequentavamo un gruppo di musicisti più che dilettanti, denominato Campi di Suoni. La sera, in una grande stanza di un seminterrato di un palazzo milanese, nella penombra di luci soffuse, ci ritrovavamo seduti o stesi a terra improvvisando ritmi e melodie, usando strumenti etnici, dal didgeridoo ai tamburi dei nativi americani, dallo scacciapensieri a semplici pentole da battere. Igor con la sua tastiera riusciva a condurre timbri musicali così diversi. Non c'era un tema musicale prefissato e ognuno improvvisava; tuttavia, dopo qualche minuto, ci si armonizzava naturalmente creando un “concerto” coerente, soave e straniante.
La nostra musica effimera e astratta era l'antidoto alla frenesia di un mondo troppo accelerato, rappresentava per noi una pausa dello spirito, fornendoci l'occasione per riconsiderare i ritmi e i tempi della nostra vita interiore.
Siamo attraversati quotidianamente da miriadi di suoni e immagini, noi stessi ne produciamo e riproponiamo una grande quantità, nell'illusorio tentativo di appropriarci di ogni realtà.
Nei Campi di Suoni ci liberavamo da questo profluvio di stimoli stressanti, in un respiro fisico e musicale sintonizzato con una calma profonda.
All’arrivo della bella stagione venimmo tutti invitati a casa di Igor, per festeggiare il suo compleanno.
La sua abitazione - calda, variopinta e disordinata - si trovava al terzo e ultimo piano di un caseggiato di ringhiera all’"Isola", un vecchio quartiere di Milano.
Igor viveva apparentemente da solo, ma la sua famiglia estesa erano i vicini del ballatoio.
Era il suo cinquantesimo compleanno, una data importante da festeggiare con gli amici più cari, attorno al tavolo del monolocale. Musica jazz e tanta allegria, complice un buon vino: la serata prometteva bene. Fra gli invitati c'era anche la sua ex fidanzata storica, con il nuovo compagno. Ma nessuno pareva imbarazzato. La generosità e la bontà d'animo dell'amico non avevano limiti, e la sua giovialità era un collante capace di riparare qualsiasi complicata relazione umana.
«Cari amici, in questo giorno memorabile vi annuncio una mia decisione: ho intenzione di partire per un viaggio, percorrerò un tratto del Cammino di Santiago di Compostela, da solo...».
Restammo tutti allibiti. Igor, sedentario cassiere di banca in sovrappeso, non aveva mai mostrato attitudini atletiche e nemmeno di gran camminatore. Oltretutto l’amico si era sempre proclamato ateo, un uomo scettico e razionale, che non aveva mai creduto in nulla di soprannaturale. Cercammo di dissuaderlo, ma fu irremovibile.
«Amici, non preoccupatevi! Vi telefonerò tutte le sere dai posti di ristoro lungo il percorso e vi racconterò via via del viaggio, come se foste con me…».
Arrivò la data della partenza, lo salutammo un grande abbraccio e due risate.
Dai suoi resoconti telefonici serali apprendemmo che, malgrado dolorose vesciche ai piedi, era riuscito a camminare per giorni attraverso la Francia e la Spagna, facendo tappa in piccole città e villaggi lungo il percorso. Era solito viaggiare da solo, senza parlare con gli altri pellegrini, preferendo la compagnia dei suoi pensieri.
Una sera ci raccontò che, durante una sosta in una piccola cappella in mezzo alla campagna, aveva avuto modo di conoscere un uomo anziano seduto su una panca, con una profonda cicatrice sulla guancia e un'espressione triste degli occhi. Sedutosi accanto a lui, gli venne spontaneo raccontargli della sua vita, della sua ricerca della verità e della diffidenza verso ogni forma di credo religioso. L'anziano l’ascoltò attentamente, e poi gli rispose con voce gentile: «anch'io sono stato come te, una volta. Ma poi ho imparato che la verità va al di là delle nostre capacità di comprensione. Non tutto può essere spiegato razionalmente. A volte dobbiamo solo credere».
Le parole dell'uomo colpirono profondamente Igor.
Nei suoi racconti seguenti ci riferì che il viaggio gli stava donando nuove aperture mentali e rinnovata speranza; quando stanco e sofferente ai piedi giungeva alla tappa successiva, si sentiva come se avesse fatto un viaggio interiore, oltre che fisico. Non era più lo scettico di un tempo, ma un uomo nuovo, in grado di guardare il mondo con occhi diversi, e aperto alla possibilità di verità più grandi.
Passavano i giorni, ma il telefono restò stranamente muto e il suo cellulare scollegato nei giorni a venire.
Crebbe la preoccupazione in tutti noi, poiché Igor era una persona di parola e si era impegnato a dare notizie puntualmente ogni sera. Con lo scorrere dei giorni l’ansia fra noi amici cresceva, ci sentivamo spesso per sapere se qualcuno avesse novità. Per smorzare la tensione, si ipotizzava la perdita o il guasto del suo cellulare, o addirittura una sua fuga romantica con qualche “pellegrina”, tale da fargli dimenticare l’impegno preso.
Dopo una settimana scoprimmo il perché di quell’inspiegabile silenzio: Igor era morto.
Il triste annuncio arrivò non dalle autorità, ma da un altro pellegrino che aveva trovato il suo corpo senza vita, all’ombra di un albero un po’ discosto rispetto al sentiero principale. Per risalire alla sua identità il pellegrino aveva pensato bene di dare l’allarme anche sui social, finché, in qualche modo, la notizia era giunta a Milano, gettandoci nella disperazione più totale. Il nostro amico non c’era più.
Venne successivamente ricostruito quanto accaduto: Igor aveva avuto un attacco cardiaco e ne era morto, senza assistenza alcuna e senza conforto, nella più assoluta solitudine. E sotto quell’albero ci era rimasto per una settimana intera, ignorato da tutti i viandanti che transitavano a pochi metri.
Presumibilmente durante il viaggio solitario verso Santiago Igor fu colto da improvvisa stanchezza e da un senso di affanno. Aveva quindi cercato un luogo appartato per riposarsi, all’ombra di quel grande albero, e lì morì.
Il funerale si svolse a Milano molti giorni più tardi. Era presente anche la sua storica ex fidanzata con il nuovo compagno. La donna ebbe un’irrefrenabile crisi di pianto… E, questa volta, invece, l’imbarazzo tra i presenti era palpabile. Per volontà della sorella, interpretando quelli che potevano essere i suoi desideri, alla messa funebre suonò una banda jazz.
Commentammo, tutti concordi, che si era trattato della più diretta e rapida ascesa in paradiso di un ateo.
Noi amici con il passare del tempo ci disperdemmo, perdendoci di vista: era venuto meno un elemento chiave della comitiva, il suo sorriso era un potente collante...
Che cosa accadde veramente a Igor? Sì, certo ebbe un infarto! Ma talvolta dentro taluni avvenimenti si celano verità più profonde.
Quando la falena si avvicina troppo alla lampada, muore bruciata. L’uomo che tocca il mistero prova una sensazione così forte da esserne sopraffatto. Già gli antichi ci ammonivano: chi vede la verità viene annientato o diventa folle o cieco.
Nella mitologia greca il cacciatore Atteone scopre casualmente nel bosco la dea Diana nuda, cioè vede “la verità”, e per questo viene punito e fatto sbranare dai propri cani.
E vi è similitudine con il magnifico mito di Arjuna e Krishna descritto nel Bhagavadgītā (il più sacro dei testi vedici indiani), ove si racconta il terrore che il giovane Arjuna prova dinnanzi alla verità rivelatagli e la sua supplica a Krishna perché lo riporti uomo tra gli uomini.
Igor ha toccato la verità alla conclusione del suo viaggio terreno e interiore? E il suo cuore non ha retto lo sconvolgimento?
Rileggendo questi pensieri capisco che sono poco razionali e sensati. Si è trattato di un banale decesso per infarto, causato dall’eccessivo sforzo di una persona in sovrappeso senza preparazione atletica. O no? Non lo sapremo mai.
Tuttavia… “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”. Così ci ammoniva William Shakespeare.
 
Grazie Igor, uomo in cammino, per la tua amicizia pura, disinteressata, amorosa!

(N.d.R.: il racconto, con nomi di fantasia, è tratto da una storia vera).
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