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Le vie del pensiero sono misteriose

Storia e filosofia e religione

Il logos eracliteo, tra naturalismo greco e Taoismo.

Eraclito e Lao-Tse: naturalismo greco e taoismo esprimono un sentire comune.
Il Logos eracliteo, accennato nell’enigmatico primo frammento, è il TAO di cui non si può parlare.
"Di quel logos che è reale, gli uomini sono sempre inconsapevoli, sia prima di averlo appreso (udito) e sia subito dopo. Gli uomini sono inconsapevoli di ciò che fanno da svegli, come di ciò che fanno da addormentati. Per quanto ogni cosa avvenga secondo questo Logos, tuttavia gli uomini ne sono inesperti. Gli uomini non si rendono conto di che natura siano le cose nelle quali si imbattono, né le riconoscono quando ne hanno esperienza, ma le conformano a sé stessi".
"Il TAO di cui si può parlare, non è l'eterno TAO; il nome che può essere nominato non è l'eterno nome. Senza nome è il principio del Cielo e della Terra".
Per entrambi vi è impossibilità ad esprimere, con i normali mezzi razionali, ciò che si si è eccezionalmente vissuto e sperimentato, ma è ineffabile.
Eraclito fornisce tuttavia uno spiraglio alla "Verità": è il concetto relativistico del "divenire", che si insinua entro la turris eburnea dell'ignoranza degli uomini.
Il "divenire" di Eraclito non è fine a sé stesso, ma conduce al Logos; è esso stesso il Logos (posto oltre la capacità dell'intelletto umano), che è appunto possibile solo attraverso il divenire. Quindi di fatto il "divenire" costituisce la "via" per l’"essere", posto oltre la conoscenza illusoria della realtà ("maya umana" per i Saggi orientali, "doxa" - opinione - per gli antichi Greci). Ed è con il “divenire” che l’anima dell’uomo può infine rifluire entro l’anima dell’universo.
Il “divenire” verrà in seguito espresso con la nota formula “tutto scorre” (panta rei): scorrerà con armonia nella guerra dei contrari, discordia concors, concordanza di contrari. E l’armonia, come sappiamo, è il più greco di tutti i concetti.
Per quanto “oscuro” - come già lo definì Aristotele, che si presume ne avesse letto l’opera integrale - fu capace di influenzare il successivo pensiero degli “Antichi”. La “fisica” dello stoicismo è derivazione del Logos eracliteo: il Mondo trarrebbe origine dal Fuoco (ecpirosi), da una conflagrazione da cui tutto avrebbe inizio (oggi diremmo dal Big Bang), e in cui tutto tornerebbe (oggi diremmo Big Cranch), al termine dell’intero ciclo o anno cosmico.
E tra i “Moderni” influenzerà sicuramente il pensiero di Hegel: la formulazione della dialettica triadica è verosimilmente derivata dal concetto eraclideo di “polemos” (la “guerra” fra i contrari è in superficie, in profondità è armonia, e ciò costituisce la legge universale della Natura). Inoltre, la nota frase del filosofo tedesco - la connessione tra Infinito e Finito è certo un sacro mistero, giacché questa connessione è la Vita stessa – potrebbe essere benissimo scritta da un filosofo naturalista greco.
Eraclito, dopo una vita di romitaggio, di volontari stenti e rigorosissima dieta vegetariana, molto anziano e malato (parrebbe di idropisia, ovvero edemi ed ascite), tornò in città, ad Efeso, per chiedere consiglio ai Medici, ma a loro si rivolse con enigmi (“se fossero capaci di far sì che dall'inondazione venisse la siccità”), e giacché non lo comprendevano, tornò allora alla sua vita solitaria, seppellendosi in una stalla sotto il calore dello sterco animale, sperando che l'umore evaporasse. Morì affogato nello stallatico di vacca.

(*) Le vie del pensiero sono misteriose.
Per dirla con Jaspers, vi fu un’epoca (fra l’800 e il 200 a C.) di incredibile fecondità per lo sviluppo del pensiero umano, denominata “periodo assiale”, in cui vennero poste domande radicali sulla nostra esistenza e che mutò per sempre lo sviluppo delle future civiltà. Fu un tempo di incredibile sincronica maturazione di coscienze e spiritualità, in Oriente come in Occidente ed in assenza di possibili collegamenti reciproci diretti. In tale periodo vissero Confucio, Lao-Tze, Buddha e le Upanisad indiane, Zarathustra, il Deutero-Isaia, Omero, Parmenide, Eraclito, Platone, i poeti tragici, Archimede… I racconti mitici vennero sostituiti dall’avvio del pensiero filosofico e dagli albori dell’indagine scientifica. In tale contesto di sincronicità, nella nascita diffusa del pensiero critico, nella maturazione spontanea e policentrica della spiritualità umana, potrebbero rinvenirsi le ragioni di tali visioni e sentimenti così simili. Oggi diremmo “per convergenza evolutiva”.
Un’altra possibile spiegazione è la comune origine linguistica per India e Occidente (con lingue originate dalla condivisa famiglia indo-europea): a riguardo suggestive sono le similitudini spirituali fra le Upanisad e il Naturalismo greco. Sottolineo (con Wittenstein) che è il linguaggio a creare il Mondo e non viceversa.
Nella seconda metà del secondo millennio a.C. popolazioni ariane centroasiatiche migrarono, in molteplici ondate, sia in Occidente, con il nome di Achei o Dori, sia in Oriente, a sud est, nella valle dell’Indo. Sopraffecero le preesistenti superiori civiltà greco-minoiche e indo-dravidiche, ma con esse si fusero apportando e modificando elementi di lingua e civiltà. Quindi, pur riconoscendo remote parentele nelle origini, come lontani cugini, Oriente e Occidente svilupparono in seguito storie diverse, in percorsi sempre più distanti e lontani. Ma molte “parole” fondamentali (parole e poi concetti e poi pensieri e poi sensibilità) sono rimaste, se non uguali, almeno simili. La parola greca e occidentale BIOS, traducibile come vita - sebbene la sua più antica veste etimologica indichi l’arco, ovvero la potenzialità dinamica della tensione vitale - è molto vicina, nella pronuncia, alla sillaba vedica OM, espressione di magico vitalismo.

Tornando ad Eraclito, concluderei con le sue parole, da alcuni “frammenti”:
“se mai NON speri, non troverai MAI l’insperato, inesplorabile essendo questo e inaccessibile”;
“l’anima dell’uomo staccata dalla Natura è come un pezzo di carbone spento, che solo a contatto della Natura può riaccendersi”.
Nell'immagine: Scuola di Atene (Raffaello, Stanze Vaticane, particolare). Eraclito, ombroso e solitario, definito già dagli Antichi "uomo del pianto", viene qui rappresentato dall'Urbinate con il volto del "rivale" Michelangelo, e calzante improbabile STIVALI, a sottolineare la sconveniente abitudine del Maestro fiorentino di NON toglierseli MAI!
Fonti: Gerardo Fraccari, Eraclito e la Civiltà Mediterranea, Bresci 1981 edizioni l’Età dell’Acquario, Torino.

 
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